Dopo aver tratto profitto dai suoi investimenti, dalle sue conoscenze e dall’industria dell’acciaio, Carnegie portò a termine il suo affare più importante.
Nel 1901 vendette una delle sue acciaierie, la Carnegie Steel Company, al banchiere J.P Morgan per 480 milioni di dollari (l’equivalente odierno di 11 miliardi).
Questa transazione, che rappresenta l’exit imprenditoriale più profittevole dell’epoca, fece guadagnare al Magnate dell’Acciaio il titolo di uomo più ricco d’America.
Da allora in poi, l’attenzione dell’opinione pubblica si spostò dal fiuto per gli affari che aveva permesso a Carnegie di accumulare una tale fortuna, allo spirito con cui si dedicava ai suoi progetti caritatevoli.
Andrew Carnegie passò il resto della sua vita a fornire capitali per scopi di interesse pubblico, di promozione sociale ed educativo.
Il valore della sua filantropia fu tale da portargli onorificenze e riconoscimenti di ogni tipo.
Nell’arco di 18 anni, l’Industriale dell’Acciaio investì milioni di dollari in librerie, progetti educativi, in finanziamenti per le pensioni e nella ricerca scientifica, donando l’equivalente di 6 miliardi di dollari odierni in beneficenza.
Si spense all’età di 84 anni a Lenox, Massachusetts, l’11 agosto 1919 per una polmonite bronchiale.
Prima di morire conservò una fortuna di 30 milioni di dollari che, dopo il decesso, vennero donati a fondazioni, enti di beneficenza e pensionati.